Un tema a me caro è il sostegno alla genitorialità, come cura della relazione, sia quella di coppia come genitori, che come genitori-figli. Il motivo che mi spinge a dedicare un articolo a questo argomento è, da una parte il condividere la mia esperienza professionale al fianco di famiglie fragili, dall’altra l’importanza valoriale che io do alla relazione, come figlia, sorella e professionista che cura.
Nel mio lavoro, professionale di accompagnamento genitoriale ho ritrovato un filo che collegava le diverse storie: la nascita dei conflitti, in casa col proprio partner o col proprio figlio.
Nel conflitto genitoriale ci si scontra con la propria visione dell’essere genitori e ci si riscopre che non si è mono genitori, ma si è una coppia genitoriale. Divenire consapevole di questo passaggio, da mono genitore a coppia genitoriale, mette le basi per una relazione trasformativa della coppia e della famiglia. Ma farei un passo indietro per accompagnarvi brevemente in questo trapasso che vi fa vivere il conflitto come un problema e non un’opportunità.
L’approccio comune di chi litiga è, che il conflitto viene visto come un evento che separa le persone, poiché si ha la percezione che o si vince o si perde. Infatti, i genitori quando litigano hanno una percezione negativa del conflitto, poiché nutrono un sentimento di rabbia e frustrazione verso il partner. Essi vedono nella rabbia, l’elemento di negatività per la mancata comprensione delle proprie modalità genitoriali, da parte del proprio partner. Come se le proprie scelte educative fossero quelle giuste e quelle del partner sbagliate in senso assoluto.
A partire da questo assunto, di giusto-sbagliato in senso assoluto, propongo un approccio che considera le percezioni della propria genitorialità, a partire dalle proprie visioni che hanno radice nel proprio modo di pensare. In tal senso, il conflitto; come dice Morineau, non è n’è buono n’è cattivo, ma esso esprime la differenza di opinione, idee, cultura in cui l’ottica non è quella di uscire dal disordine creato dallo scontro di opinioni, ma di so-stare con esso.
Quindi, le emozioni che si vivono, quando si litiga non sono indicatori di negatività, ma sono predittrici di un’incomprensione relazionale su punti di vista diversi e, diventano campanelli di allarme che la relazione con il nostro compagno sta per cambiare. Il cambiamento della relazione, e quindi la gestione della relazione in seguito all’incontro di punto di vista diversi, porta le persone a pensare al conflitto come problema o opportunità.
Cosa porta i genitori a pensare che il conflitto sia opportunità o problema?
Il conflitto è un problema quando:
Quando i genitori si trovano nella dinamica conflittuale passano, dal non essere d’accordo sugli obiettivi genitoriali di crescita, fino ad arrivare all’aggressione fisica o verbale della persona, per rimarcare la propria ragione.
In questo passaggio il genitore, protagonista nel conflitto, pur di vincere, è pronto a non considerare il proprio partner una persona, de-umanizzandolo. Si passa dal problema al “sei tu il problema”.
In questo modo ognuno si arrocca sulle proprie posizioni e vede nell’altro confermate le proprie aspettative. L’escalation cresce e s’inasprisce sempre più perché pur di avere ragione e voler vincere s’investono sempre più le proprie risorse personali emotive, cognitive. In questo modo di vivere il conflitto, i genitori adottano varie strategie per gestirlo che portano a viverlo in modalità competitiva. La competizione porta ad allontanare le persone, succede che i genitori non trovano un punto d’incontro e usano i mezzi a loro disposizione per rimarcare la vittoria, uno tra questi in famiglia può essere la strumentalizzazione dei propri figli.
Il conflitto diventa un’opportunità quando.
Il conflitto diventa un’opportunità nella relazione, quando ne rappresenta la possibilità di crescita della relazione stessa.
Basti pensare alla relazione genitori figli, dove il conflitto con il proprio figlio diventa generativo per la sua individuazione.
Quindi, Il conflitto, come dice Morineau, non è n’è negativo n’è positivo, ma è la sua gestione nella relazione che può portare malessere o benessere. Quando un confronto di opinioni porta le persone a cristallizzare le proprie posizioni, a confermare le proprie aspettative (la cui conseguenza è un allontanamento dalla relazione), a ripensare a come argomentare le proprie posizioni, che non comprendono quelle dell’altro, ha come conseguenza un malessere psicologico.
Invece, quando nella relazione genitoriale il confronto di opinione aiuta le persone a comprendere il punto di vista dell’altro, e quindi le relative conseguenze nella relazione, questo mette le basi per il passaggio della rappresentazione che si ha da singolo genitore a coppia. In questo passaggio evolutivo i genitori si trovano a costruire una nuova identità genitoriale, il cui benessere è la trasformazione nella relazione.
Voglio condividere con te i passi per trasformare la relazione genitoriale secondo il processo di de-escalation del conflitto proposto da Malaguti e che mette le basi per una trasformazione della relazione:
- Ripristinare la relazione
- Ricostruire la fiducia
- Passare da un conflitto competitivo (win-lose) ad uno cooperativo (win-win)
- Ripercorrere la strada dell’azione conflittuale che si muove dall’aggressione alla divergenza.
La trasformazione della conflittualità genitoriale mette l’accento su un elemento fondamentale che per trasformarci è importante includere in questo processo il punto di vista dell’altro: dialogarlo, sentirlo, comprenderlo in modo da mettere al centro della relazione la nostra interpretazione, il nostro modo di vedere insieme a quello del nostro partner o figlio.
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Bibliografia
- Jacqueline Morineau, 2003, Lo spirito della mediazione, Franco Angeli
- Emanuele Arielli, Giovanni Scotto, 2003, Conflitti e mediazione, Bruno Mondadori.